domenica 26 dicembre 2010

Non sottovalutatelo!

Divinity 2 – The Dragon Knight Saga è il classico gioco che per essere apprezzato e giudicato con correttezza deve prima essere provato e gustato a mente libera. Questo perché spesso le recensioni (e mi riferisco in particolar modo a quelle col maledetto numerino finale del cazzo, ovvero quasi tutte) sono assolutamente fuorvianti e, in alcuni casi, incapaci addirittura di trasmettere a parole lo stile e il fascino esercitato da piccole gemme come questa, destinata ahimè a brillare per sempre e per sempre incompresa nel suo povero cantuccio.
Action quanto basta, gameplay non originalissimo ma dannatamente solido e, soprattutto, cura per i dettagli, sono qualità indiscusse, presenti fin dai primi minuti di gioco, che rendono il titolo dei Larian Studios divertente da giocare e in grado di discostarsi in parte e appunto con stile dalle consuetudini del genere. Alcuni esempi sparsi che mi vengono in mente.
Puoi leggere nel pensiero dei personaggi non giocanti, aprendo la strada a soluzioni alternative e misteri secondari. Ma devi spendere punti esperienza, quindi per non rischiare di sperperarli o sai già dove “cercare” oppure devi farti ispirare dal personaggio e dalla situazione. E a volte anche ciò che a prima vista ti sembrerà ovvio in realtà, poi, non lo sarà affatto. Caspita! A chi non è mai capitato almeno una volta, per varie ragioni, di dire nella vita reale esattamente il contrario di ciò che si è pensato? Bene, sempre grazie alla meccanica della telepatia questa “pratica” viene simulata in gioco in modo divertente e spesso funzionale.
Coerenza narrativa! Finalmente un gioco di ruolo che ti spiega come mai inizi merda e finisci cazzutissimo in un lasso di tempo che, umanamente e pseudo-realisticamente parlando, è sempre troppo breve. In sintesi la spiegazione che ti viene data è che tu, per diventare un ammazzadraghi doc, devi sottoporti a un particolare rituale che fa piazza pulita di tutti i tuoi ricordi, pena la pazzia permanente. Ricordi legati al lungo addestramento in accademia che però, per fortuna, sono destinati a riaffiorare pian piano, ovviamente sotto forma di miglioramenti e abilità, man mano che accumulerai e investirai punti esperienza progredendo con il gioco.
Divinity 2: Dragon Knight Saga
Ironia: ce n’è molta. Nei dialoghi e nelle situazioni di gioco in primis, ma dosata sempre con garbo e capace di strapparti spesso e volentieri più di un sorriso. Si vedano per esempio le scritte sulle lapidi nel primo villaggio visitato, la quest secondaria incentrata sullo smercio dei maiali o, più in generale, i testi che commentano le caratteristiche del personaggio, inizialmente bassissime. Roba assolutamente sfacciata tipo che sei talmente stupido che non ti resta che puntare tutto sull’aspetto. E magari non sai neppure come cazzo si fa ad usare il gabinetto. Per non parlare poi del fatto che con uno sputo ti tiro giù, quindi forse è meglio che te ne resti chiuso e al caldo.
Ok, ora sputo io (il rospo): l’edizione di Divinity 2 che sto giocando è quella riveduta e corretta con tanto di espansione inclusa nel prezzo, peraltro più che onesto (si parla di 50 euro ben spesi vista anche la longevità). Quindi se siete amanti del genere, non avete ancora giocato a Divinity 2: Ego Draconis e relativa espansione (Flames of Vengeance) e volete impegnarvi e divertirvi con un gioco che, a parte qualche “difettuccio”*, ha personalità e stile da vendere, non vi conviene esitare più di tanto.
*Fra tutti: la mappa si aggiorna unicamente in riferimento agli obiettivi delle missioni principali, quindi a volte vi capiterà di girare un po’ troppo a vuoto. Pazienza.

[Questo articolo è apparso in origine su Parliamo di Videogiochi]

venerdì 10 dicembre 2010

Visioni dal Futuro

Pur essendo contrario all’eccessiva spettacolarizzazione visiva, specialmente se fine a se stessa e tanto più se inserita più o meno a forza in contesti pseudo-realistici (forse perché ormai considerata sempre e comunque “necessaria”), se nel nuovo capitolo di Deus Ex la componente “sborona” verrà trattata, come pare, con gusto e soprattutto in modo tale da non offuscare il feeling classico del primo, storico e ancora insuperato episodio… beh, vorrà dire che mi adeguerò più che volentieri.
Quello che al momento so è che le mosse speciali, quelle più coreografiche e “incriminate” dei/dai filmati sono limitate, quindi andranno centellinate e sfruttate tatticamente dal giocatore.
Altra caratteristica alquanto criticata nei forum: il sistema di copertura assistita in terza persona. Non sono contrario. Ormai alcuni capisaldi di gameplay non possono più essere messi in discussione; sarebbe un pò come, che ne so, criticare l’opzione “scatto veloce” a disposizione del protagonista del “solito” FPS. A ben guardare se c’è una cosa che negli sparatutto in soggettiva non è quasi mai presente è proprio la possibilità di gettarsi attivamente in copertura, con tanto di cambio di visuale.
L’atmosfera mi sembra ottima e matura; anche se il cyberpunk classico di gibsoniana memoria non ha mai puntato così tanto su impianti cibernetici (pare strano detta così, ma nei libri capostipiti del genere la tecnologia più… “pesante” non è quasi mai al centro esatto dell’attenzione: aleggia nell’aria, si respira nelle descrizioni fornite dagli stessi protagonisti, si intravede qua e là) l’insieme visivo dell’opera dovrebbe apparire infine solido e convincente.
Da alcuni filmati il gameplay sembra altrettanto solido e convincente, ma anche tremendamente accattivante, complice un level design che pare studiato nei minimi dettagli.
Concludo questa mia carrellata di impressioni generali ricordando che, durante un’intervista ufficiale, il capo dei designer di Square Enix Montreal, Jean-Francois Dugas, ha preceduto tutti facendosi una domanda molto precisa e importante, che suona più o meno così: “Preso SOLTANTO come FPS e SOLTANTO come gioco di ruolo Deus Ex: Human Revolution funzionerebbe lo stesso?”.
La risposta che si è dato è stata per me emblematica: “Forse sì, ma penso che sia la combinazione di tutti gli elementi a rendere il gioco quello che è”.
Ecco, questa frase fintamente modesta potrebbe stare a significare che, in verità, Dugas ha così tanta fiducia nel progetto da affermare senza paura di essere successivamente smentito che Deus Ex: Human Revolution conterrà un’insieme di elementi e stili di gioco differenti, ottimamente realizzati e perfettamente integrati in un’unica, grande visione d’insieme, che non farà troppo rimpiangere il primo episodio della saga (ma, aggiungo io, dimenticare il secondo).
Spero tanto di non sbagliarmi.

[Questo articolo è apparso in origine su Parliamo di Videogiochi]

mercoledì 1 dicembre 2010

Parliamo di Videogiochi? [comunicazione di servizio]

Comunico ai miei sicuramente pochi lettori che da oggi collaboro ufficialmente con il sito Parliamo di Videogiochi in veste di opinionista (o almeno credo). PdV (abbreviato) è un postaccio abitato e tirato avanti da gente per forza tosta e, pare, anche preparata. Uno dei fondatori è una mia vecchia conoscenza di quando ancora scrivevo per il settore dei giochi di ruolo cartacei.
Alcuni miei articoli, pertanto, saranno esclusiva (temporanea) PdV. Spero mi seguirete anche lì, anzi, sarete sicuramente di più. Ne varrà la pena!

P.S. Sul sito di Parliamo di Videogiochi sono già stati postati due miei "articoli": quello su Vanquish e l'ultimo su Two Worlds 2.

giovedì 25 novembre 2010

L'arte del compromesso

Non posto mai soltanto per il gusto di farlo, e ciò dovrebbe in qualche modo giustificare (quasi) tutti i miei vergognosi ritardi, però quando capita significa solitamente che ci ho qualcosa che mi frulla da qualche giorno per la testa.
In fattispecie ho cominciato ad aggrottare la fronte appena ho iniziato a giocare a Two Worlds 2, il nuovo capitolo della saga ideata dai ragazzi di Reality Pump. Già perché questo gioco di ruolo di stampo classico occidentale è a tratti tanto accattivante e ben congegnato quanto decisamente grezzo, ed infatti in più di un'occasione, durante le prime ore di smanettamento (e smadonnamento) mi sono sentito stretto nella morsa dell'indecisione. Soltanto ora, con un bel pò di livelli sulle spalle, posso finalmente iniziare a tirare le somme.
La grafica si assesta su livelli decenti, con effetti luce e panorami mozzafiato che cercano in tutti i modi di farti strabuzzare gli occhi, così magari non noti i molti altri difetti grafici. Per non parlare dei soliti problemi di incastri magici nelle pareti, nemici che sbattono contro gli angoli e ci restano, compenetrazioni degli oggetti, ecc.
Missioni per ora sempre molto varie e numerose, con alcuni casi di scelte morali mica da ridere. C'è tanto da esplorare e difficilmente ci si stanca.
Il combattimento, all'inizio ostico e legnoso, col tempo rivelerà una profondità insospettata, tipo che puoi giostrare sui tre set di armi a tua disposizione (creabili all'istante e assegnabili alla croce direzionale) per fare quello che vuoi, complici le Abilità da ottenere leggendo i libri e investendo gli immancabili punti esperienza. Esempio: incontri una creatura che è immune alle armi da taglio (ciò è visibile sulla finestra informativa che compare quando viene centrata dal mirino) quindi devi puntare su un'altra categoria. Le armi da botta, mazze e bastoni, vanno benissimo. Però mettiamo che tu abbia potenziato soltanto le lame... come te la caverai? Le alternative sono tante.
Puoi combinare diversamente le carte magia e provare qualche nuovo incantesimo, oppure impugnare il bastone con la mano destra e, utilizzando l'Abilità Gioco Sporco (o una roba del genere, ora non ricordo bene) accecare periodicamente la creatura lanciandole la sabbia sugli occhi. Senza dimenticare la possibilità, in parata, di contrattaccare a tempo (ma subendo anche un tot di danno) oppure di arretrare di un passo roteando l'arma (o la coppia di armi), cosa però che devi fare mentre la creatura ti attacca e senza farti colpire a tua volta.
Ecco, di per sé questo non sarebbe proprio un difetto, però è giusto che si sappia che la storia manca di qualcosa... si, di mordente. E di originalità. Davvero: tra "completini" vari, mostri, nemici e comprimari non è che il gioco si discosti poi troppo dal più classico degli stereotipi fantasy.
Pozioni: altra meccanica interessante. Puoi combinare a piacimento le parti di corpo delle creature, le erbe, le radici, le ossa e quant'altro all'interno del tuo perosnale calderone e stare a vedere cosa ne esce fuori, e non sempre l'effetto finale sarà il più ovvio. Quindi la parola d'ordine è, ancora una volta: sperimentazione. Ciò vuol dire anche "perdere tempo" dedicandosi alla caccia agli animali selvaggi in cerca dei cuori e delle lingue giuste per i propri papponi.
Discorso intelligenza artificiale. Eh, qui mi sa che proprio non ci siamo. Le guardie in città si limitano ad intimarti di deporre le armi, che altrimenti se l'indicatore si riempie del tutto ti prendono a palate. Le deponi e stop, tutto torna come prima. Ecchediamine.
Poi, sindrome alla Fallout: in un villaggio stranamente non sorvegliato ho provato a fare il cattivo mazzulando tutti gli abitanti, che si sono rivelati essere, semplicemente... IMMORTALI. Nulla, a zero punti ferita stavano ancora lì ad implorarmi di non ucciderli. Mah...
Bella invece l'idea (e finalmente!) che è possibile essere beccato a scassinare una serratura mentre lo si sta facendo. Peccato però che quando capiti tu non possa ritentarci fino a quando c'è qualcuno che ti osserva. Beh, al limite lo si toglie di mezzo, no? No! Perché a me è capitato uno dei tizi immortali di cui sopra, e non sono riuscito a farlo sloggiare in nessun modo. Poco male: aspetto che si risieda e poi lo colpisco alle spalle in furtività... si, STO CAZZO! Non chiedetemi perché ma nel gioco NON E' POSSIBILE AMMAZZARE QUALCUNO ALLE SPALLE SE E' SEDUTO. Deve stare in piedi e immobile. Ma poi tanto sarebbe immortale, quindi...
I nemici (ma anche gli animali, che però variano in velocità e aggressività) hanno la loro zonetta da pattugliare, che se tu rinfoderi le armi e te la dai a gambe, suvvia, mica ti inseguono più di tanto. Cioè, uno scoprione gigante mi sta mazzulando a dovere... e allora? Mi giro e mi metto a correre (e, notare, in corsa nemmeno un ghepardo riesce a starmi dietro!) poi rinfodero le armi, aspetto che mi risalga l'energia e riparto all'attacco. Vuoi vedere che con l'arma giusta prima o poi lo ammazzo? Allungando contemporaneamente (e in modo artificioso) la durata del gioco.
Inoltre ho scoperto che è possibile "schivare" i nemici in corsa per non farsi colpire; ciò vuol dire che all'interno dei dungeon si può procedere spediti fino alla meta che tanto nessuno ti toccherà mai. Finora almeno. Merda, ma così mi rovinano tutto! Ma perché caspita mi hanno messo questo cavolo di razzo su per il sedere che con cinque passi (contati!) faccio dieci metri d mappa? E per giunta affaticandomi pochissimo?
No, dai, devono risolvere assolutamente questa cosa con un futuro aggiornamento, perché altrimenti potrebbe anche passarmi la voglia di continuare. Cioè, non posso credere che sia una precisa scelta di design. Troppo insensata e... action per un gioco di ruolo altrimenti solido e profondo. Tutto il lavoro di contorno, le mille cose da fare e sperimentare, le quest interessanti, le fantastiche strategie che puoi applicare con armi e mosse speciali, finiscono tutte giù nel cesso se io ho SEMPRE un modo per fottere i nemici, anche quelli più forti. Non voglio credere che starà a me e soltanto a me decidere se "farmi del male" oppure no sfruttando o meno questi errori di programmazione per ottenere un grado di sfida degno di tale nome. Alla faccia delle scelte morali!
Nonostante tutto, però, Two Worlds 2 è il classico gioco che vale sicuramente di più della somma delle sue singole parti (ma non delle 70 carte che ci ho dovuto smenare... senza considerare i continui ritardi e rimandi), un prodotto genuino progettato con passione e voglia di stupire, questa volta in positivo. Un lavoro artigianale lasciato un pò allo stato grezzo (per mancanza di fondi?) ma dalle potenzialità enormi, perché se già in questo stato riesce a colpire positivamente per vastità e innovazione, col prossimo eventuale capitolo potrebbe benissimo fare il botto.
Premio speciale all'intuitivo e ottimamente implementato sistema d'improvvisazione magica con le carte, che ti permette di ottenere decine di magie sempre diverse. A volte i risultati sono sorprendenti!

lunedì 1 novembre 2010

Quando il troppo non stroppia troppo

Bello come scioglilingua vero? E' voluto. Ad ogni modo proprio un paio di giorni fa ho scaricato il nuovo DLC di Red Dead Redemption: Terrore dall'Oltretomba (Undead Nightmare), giusto perché mi avanzavano dei punticini Microsoft e avevo ridato dentro quella mezza cacata fuori dal vaso che risponde al nome di Fallout: New Vegas. Ed anche perché avevo letto delle recensioni che, cosa strana, mi avevano convinto appieno.
In pratica lessi che tutto lo spirito vagabondo e ispirato del gioco Rockstar era stato mantenuto integro, con in più l'aggiunta di una nuova componente tattica derivata dall'introduzione di una nuova tipologia di avversari: i cari e vecchi cadaveracci ambulanti.
Non come in Fallout NW, dove avevano mantenuto sopprattutto le cazzate ed i bug. Vabbeh lasciamo perdere che altrimenti ogni due righe lo insulto.
Che bello che poi sotto c'è anche una storia interessante. Che bello che poi questa nuova sterzata verso l'horror si sposi a meraviglia con l'ambientazione malinconica e desolata del gioco, donandole sfumature ancora più cupe (tranquilli: l'humor nero, sempre ben accetto, è presente in buone quantità).
Che brutto però che la ripetitività di alcune missioni, "piccolo" difetto presente anche nel gioco base, in questo DLC rischi di rovinare tutta l'esperinza. Che bello però che alla fine non è così perché tu sei sempre più spinto ad andare avanti per capire cosa cazzo sta succedendo.
Per quello che costa quindi (800 MP) a parer mio Terrore dall'Oltretomba è uno dei pochi contenuti scaricabili che non prendono per il culo il giocatore, quindi meritevolissimo di attenzione. Se avete il gioco base e apprezzate l'horror. Senza troppe variazioni sul tema.

martedì 26 ottobre 2010

Un cuore arcade che batte a 300 all'ora

Vanquish è un'idea forte e luminosa tradotta in videogioco, un concetto fresco e genuino che ti viene spiegato utilizzando quasi esclusivamente parole vecchie.
Vanquish è un prototipo ultratecnologico dotato di un cuore arcade che batte a trecento all'ora, un'esperienza frenetica e appagante come quelle di una volta, ma col vestito nuovo.
Vanquish è potenza e controllo, stile e sostanza, riflessione e intutito, velocità e precisione. Vanquish è un bel Vedere. Vanquish è un bel giocare.
Perché puoi spararti a razzo sotto il culo d'acciaio del mastodontico nemico mentre rallenti il tempo per mirare ai punti critici, pensando contemporanemante alla prossima mossa. Perché la potenza del tuo pungo supersonico si rifrange attraverso il controller fin dentro ai tuoi polsi, facendoti vibrare di piacere. Perché puoi sparare ai proiettili in arrivo. Perché quelli di Vanquish sono i Quick Time Event più fichi e spettacolari della galassia. Perché tutto si muove e cambia a velocità impressionate e senza problemi. Perché oltretutto c'è anche una (piccola) storia.

E se punti lo sguardo in lontananza vedrai l'orizzonte artificiale ripiegare su se stesso.

Vanquish è ripetere una, dieci, cento volte lo stesso quadro con un approccio tattico sempre diverso. Vanquish è mettersi costantemente e gioiosamente alla prova.
Vanquish ti sa stupire con qualcosa di diverso ogni volta che può, è il reiterarsi della stessa sequenza all'infinito riproposta in modi sempre diversi.
Vanquish è la celebrazione suprema del proiettile, l'esagerazione fatta gameplay, il sorriso sulle labbra quando spegni la console.


Vanquish è stereotipo ammiccante: è l'altro Sam, quello grezzo e spaccone. E' l'altro Kyashan, ma con un uccello di carne che ancora gli tira. Il Sam di Vanquish fa tranquillamente il culo a Marcus.

Vanquish è quello che ci voleva. Vanquish è gioco dell'anno.

Nonostante lo stile visivo non troppo ispirato, la stizza che a volte ti prende, nonostante tutto questo essere eccessivo in ogni cosa possa renderlo un'esperienza non adatta a tutti. Nonostante a mia moglie dia fastidio agli occhi.

Nonostante tutto, Vanquish vince.
Ed ora fatevi sotto, se ne avete il coraggio.

domenica 24 ottobre 2010

Il realismo non esiste

Perché la realtà è NOIOSA. Davvero. Anche giocando a The Sims, che è fondamentalmente un simulatore di vita vissuta, non riesco ad annoiarmi, quindi perché invece mi capita in molti altri titoli tipo, un nome a caso, il recente Fallout: New Vegas che, tale e quale il suo predecessore, ha puntato tutto proprio sul tanto ricercato realismo? Provo a spiegarmelo: perché cercano, sbagliando completamente il tiro, di essere appunto realistici, ovvero reali-reali, ovvero spesso noiosi e inconcludenti. Proprio come la vita reale.
Quindi ecco che in Fallout devo preoccuparmi di mille piccoli dettagli organizzativi che dopo un pò mi fracassano le palle ma che qualcuno ha deciso essere indispensabili per il gameplay distintivo del gioco. Ma figuriamoci!
I designer dei moderni giochi di ruolo cartacei, quelli tanto per intenderci che "funzionano" in quanto in grado di offrire al giocatore ciò che è stato preventivamente promesso, sono stati capaci prima di ogni altra cosa di porsi le giuste domande, e una domanda fondfamentale è sempre questa: che cosa voglio ottenere da questo gioco? Cosa voglio che il giocatore provi giocando al mio gioco? Che tipo di esperienza di gioco voglio offrirgli senza che storca troppe volte il naso per la moltitudine di altre tavanate che ci ho ficcato dentro, per varie altre ragioni non legate strettamente alle emozioni che voglio suscitare e al divertimento generale?
Alla luce di tutto ciò, quindi, che senso ha che io perda decine di minuti vagando nel deserto radioattivo senza che mi capiti un cazzo di nulla? (anche se in New Vegas rispetto a Fallout 3 le cose vanno in modo un pò diverso, ma a tratti altrettanto frustrante, grazie alla nuova modalità Duro legata alla sopravvivenza).
Che mi frega di colezionare mille oggetti potenzialmente inutili che mi riempiranno ben presto l'inventario quando le cose realmente importanti sono ben altre? Okay, anche le cose apparentemente più inutili in futuro potrebbero essere combinate con altra assortita oggettistica per ricavarne qualcosa di buono ma... uff, che lavoraccio del cazzo che è! E le ore di gioco, intanto, s'innalzano artificiosamente.
E poi, e qui mi viene proprio da ridere: mille attenzioni su dettagli secondari e che cosa mi combinano poi con l'intelligenza artificiale? Che se derubo uno e vengo beccato e questo non ha subito una reazione violenta, che succede? Eh, succede che se ci (ri)parlo lui mi risponde come se nulla fosse!
Alcuni al tempo mi avevano detto che in Fallout 3 avrò la stessa libertà di azione che ho nel mondo reale. Ma piantatela! Mi è bastato cercare di uccidere dopo appena poche ore di gioco un personaggio che i programmatori hanno bollato come "importante" per capire quanto mi stava già sul cazzo questo gioco. Perché? Eh, perché è semplicemente IMPOSSIBILE FARLO! Al massimo dopo aver svuotato tre o quattro caricatori riesci a tramortirlo, poi lui cade a terra svenuto e, quando si rialza, cosa capita a volte? Eh, bravi, lui ti dice: "Salve straniero!".
Il realismo non esiste. Ma esistiono, come in molte altre forme d'espressione, i generi e lo stile. Per me quindi un buon gioco deve essere in grado di celebrare un genere in maniera stilisticamente efficace, scendendo SEMRPE a patto con ciò che gli sviluppatori intendono con "realismo". Ma questo è un altro argomento che affronterò magari in seguito.
Ed ora torno a giocare a Vanquish. Perché la mia vita è noiosa.

lunedì 11 ottobre 2010

Quanto è fica la croce a catena

Ho comprato Castlevania: Lords of Shadow con riluttanza visto che roba alla God of War o Bayonetta o, più in generale, giochi troppo incentrati sulle combo non fanno proprio per me, ma devo dire che per il momento (prima oretta di gioco) sono abbastanza soddisfatto.
La cosa che mi ha garbato di più è la sua ragionata spietatezza: altro che schiacciare pulsanti a caso! Ogni nemico va affrontato con tattica e riflessione e la difficoltà è tarata su un livello medio-alto. Quindi no, Castlevania LoS non è un gioco adatto a tutti; anche a livello normale mi sta dando dei seri grattacapi. E me ne darà ancora tantissimi visto e considerato che è distribuito su due dischi zeppi di robba!
Il protagonista è quello che è: una specie di crociato all'apparenza Duro & Puro quanto basta. Poi si vedrà se ci sarà spazio anche per qualche bella sfumatura di grigio.
I livelli sono caratterizzati da mini-ambienti da esplorare e superare in vari modi (combattimenti, acrobazie, enigmi, ecc.).

E POI puoi anche tornare indietro quando ti sei potenziato per sbloccare cose nuove.
E POI è un gioco che, ed è qui cazzarola che si vede la mano di Kojima, cerca in ogni momento di stupirti, il più delle volte riuscendoci. E spezzando un pò troppo l'azione (c'è la mano di Kojima, no?).
E POI la grafica e la regia sono quasi impeccabili.
E POI ci ha il grimorio che si apre quando metti in pausa e tutto viene tratteggiato e animato in carboncino.

E' VERO: alcune volte non si capisce bene cosa caspita bisogna fare.
E' VERO: la trama sembra frammentaria ed a tratti confusa.
E' VERO: ci sono scopiazature più o meno evidenti da giochi simili che lo hanno preceduto (ma anche Darksiders copiava, e lo faceva ancora più spudoratamente, ma era comunque un buon gioco).
E' VERO: assomiglia ai vecchi Castlevania ma anche no.
Quindi? Quindi non penso che tornerò in futuro sull'argomento, anche perché questo non è un blog di recensioni.
Però... mica male questa croce a catena...

lunedì 4 ottobre 2010

Re di noi stessi: una succosa anteprima dall'universo di Fable III

Lascio la parola al mio fido collaboratore e braccio destro Okrim97, che giusto pochi giorni fa ha assistito ad una conferenza ufficiale di presentazione dell'atteso Fable III. Io aggiungo soltanto che forse questo capitolo me lo piglio pure io...
"In questo mondo dove tutti vogliono governare fa la sua comparsa Fable III. Siamo ormai arrivati al terzo episodio di un titolo che ha cambiato il concetto di gioco di ruolo.
Gli appassionati e non solo sapranno ormai che la serie di Fable si è contraddistinta per la sua giocabilità. Proprio come in un vero gioco delle parti, il mondo circostante e le caratteristiche fisiche e caratteriali del personaggio cambiano  in base ai combattimenti e alle scelte prese in tempo reale.
Il risultato finale ci ha  mostrato  il nostro eroe con diverse sembianze: quelle di un guerriero ancestrale dallo sguardo limpido, in cui traspare la bontà e la sicurezza, con tanto di “aura”che illumina l’armatura, oppure quelle di una sorta di demone che trasuda cattiveria.
Tra i due diversi caratteri Lionead ha sempre proposto una giocabilità che permetteva di influire su queste differenti  personalità. Ma veniamo ad oggi, a quando ricevo l’invito da Microsoft per assistere alla presentazione del nuovo capitolo.
Eccitato entro nella sala conferenze, dove è già in atto una sessione di gioco. Subito mi rendo conto che l’aspetto grafico è ulteriormente migliorato, lasciando l’ambiente di Albion nello stile medievale che conosciamo, ma con un aspetto meno fumettoso dei precedenti.
Albion ormai è una cittadina nel mezzo della rivoluzione industriale, ma il destino del suo regno è in pericolo. Sarai chiamato a riorganizzare il tuo popolo e combattere al suo fianco, salire al potere e provare cosa significhi veramente amare o perdere tutto.
A differenza del capitolo precedente non inizieremo l’avventura nelle vesti di un bambino, ma potremo subito  scegliere se combattere nei panni di un uomo o di una donna. I fan nuovi e vecchi intraprenderanno un’ epica avventura in cui la lotta per la conquista della corona sarà solo l’inizio di un viaggio spettacolare.
Il sistema di gioco che regola le relazioni tra i personaggi è stato snellito. La nuova funzionalità Dynamic Touch, legata alle espressioni, permetterà di abbracciare i nostri compagni di viaggio o portarli mano per la mano tra le vie di Albion, dimostrare il nostro affetto o punire chi ci ha tradito. In tutto questo il nostro fedele cane rispecchierà le sue caratteristiche.
Il sistema di combattimento, ridotto ad un unico tasto, permetterà di combinare armi e magie potentissime, caratterizzate a loro volta dal nostro stile di combattimento, quindi offrendo infiniti modi di lottare.
Le scelte che farai cambieranno il mondo che ti circonda per il bene comune o per il tuo interesse personale. Chi diventerai? Un ribelle senza causa, il tiranno contro cui ti sei ribellato o il più grande sovrano mai esistito?
Tra le cose geniali che Lionhead ci presenta c’è senza dubbio la nuova mappa in 3D, che con una nuova interfaccia ricca e dinamica ci aiuterà a  vedere i cittadini svolgere i loro affari e ad avere un occhio sempre vigile sul nostro regno.
Microsoft  ha parlato di un nuovo sistema, che permetterà di portare online le caratteristiche del proprio personaggio rendendo unico ed originale il percorso di ognuno di noi.
Il multiplayer avrà una modalità co-op tra le più divertenti e varie in circolazione, permettendo di combattere fianco a fianco, sposarsi o fare affari. La modalità cooperativa premia  il giocatore che si unisce, incrementando la voglia di partecipare nella stanza di un amico.
Riassumendo ciò che ho sentito e visto, credo che ci troveremo ad affrontare un gioco che completa  la saga nel  migliore dei modi. Un gioco che mancava e che diventerà una pietra miliare, con la sua società ricca e pulsante che ci invoglierà a governare il regno secondo la nostra etica, lasciando spazio al divertimento di interpretare  ciò che è più distante da noi.
A fine ottobre potremo mettere le zampe su questa nuova avventura; speriamo soltanto di non vedere al parco qualcuno che scava cercando un tesoro.
Buon divertimento".
Okrim97

domenica 3 ottobre 2010

Come eravamo... (1): Nebulus/Fez

Inauguriamo oggi la prima rubrica del blog. Come eravamo tratterà tutti quei giochi che hanno per qualche ragione fatto storia, paragonandoli con le loro versioni moderne più o meno dichiarate e cercando di evitare i casi più ovvi e risaputi (del tipo che ormai anche i sassi sanno che Doom è stato il precursore degli sparatutto in soggettiva moderni... anche se io mi ricordo di un certo Aliens per Commodore 64 che... uhm...).
Ancora una volta la parola d'ordine sarà "originalità": di concetto, di meccaniche o di stile, perché a ben guardare è quasi sempre pescando a piene mani dal passato che nascono le cose più atipiche e audaci. E funzionali.
Prendiamo per esempio Nebulus, vecchia gloria dell'universo a 8 bit ancora oggi in grado di dare merda a molti titolini stragiocati in flash o su Facebook.
Un classico insomma. E, come tutti i classici, capace di ispirare e indicare strade nuove a sviluppatori e designer dei tempi nostri. Perché quando ancora i mezzi erano pochi ed il mercato videoludico non aveva ancora fatto boom (figuriamoci! molti giochi erano programmati all'interno di comunissimi scantinati da ragazzotti più o meno comuni fissati con l'informatica) l'ingegno e la passione erano doti fondamentali se volevi riuscire a ficcare dentro a 64k di memoria un gioco... memorabile. E per di più in un unico caricamento.
Ecco quindi la nostra prima accoppiata vincente: Nebulus/Fez.
Lo stile grafico è diverso ma è pura pixel art e, come potrete ammirare cliccando qui, il gameplay è appunto un'evoluzione, pare ben ragionata, delle meccaniche distintive di Nebulus.
Ora, io non sono propriamente un esperto di retrogaming e non so dirvi se esiste già un altro gioco più o meno moderno simile a Nebulus, però questo Fez mi ispira proprio. A tal punto che lo inserisco nella sequenza video a lato pagina.
Fez dovrebbe uscire non si sa bene quando sul Marketplace di Xbox live. Io lo terrò d'occhio. Fatelo anche voi.

sabato 25 settembre 2010

L'onestà vince

C'è realismo e realismo e, fatemelo proprio dire, quello rappresentato in Forumula Uno 2010, titolo Codemasters uscito nei negozi giusto ieri, è un realismo che vince e convince.
Sia chiara subito una cosa: siamo ben lontani dal livello di dettaglio grafico di, sparo un titolo a caso, Forza Motorsport 3 e non aspettatevi certamente un modello di guida troppo lontano dai soliti Grid e Dirt, nel senso che, sebbene le vetture si comportino diversamente rispetto alle auto da corsa e da rally proposte nei suddetti titoli (ovviamente e per fortuna) controller alla mano ancora si percepisce, più o meno giustificatamente, un'innegabile componente arcade.
Eppure F1 2010 è un gioco che sin dai primi istanti è capace di prenderti per mano e farti provare, fuori e dentro la pista, le sensazioni giuste. Ti senti partecipe e appagato come se dovessi veramente gestire la tua carriera di pilota di formula uno, con tanto di conferenze stampa post gara e l'irrinunciabile sfida contro il tuo compagno di scuderia, perché inizialmente è lui il pilota sotto i riflettori.
In pista il senso di velocità è ragguardevole e le molte e più o meno immancabili "finezze" quali la scelta e l'usura degli penumatici, i modelli di guida differenziati in base al tipo di terreno e alle condizioni atmosferiche (per esempio la ghiaia può attaccarsi alle ruote aumentando il rischio di derapate e incidenti fino a quando non si sono completamente ripulite) ed i menu in tempo reale presenti all'interno dei box, da un lato riescono a farti immergere ancora di più nel gioco e dall'altro, cosa assolutamente non secondaria, sono capaci in parte di "nascondere", o quanto meno rendere più sopportabile, la sensazione che il gioco non sia appunto un vero e proprio simulatore di formula uno.


A tal proposito veramente pessimo a mio avviso il sistema di simulazione dei danni: troppo permissivo e mal rapresentato a livello visivo (aspettavi al massimo che partino un paio di ruote e qualche pezzo di aletone). Ottimo invece l'effetto pioggia.
Non ho ancora provato l'online ma il rischio di venire penalizzati e retrocessi in caso di taglio indiscriminato di curve e procurato incidente penso che servirà come valido deterrente nei confronti dei soliti giocatori troppo aggressivi e bastardi che troppo spesso in passato mi hanno fatto bestemmiare a squarciagola, con sommo disappunto di moglie e figli.

lunedì 20 settembre 2010

Stile e sostanza

Il rischio c'è, ed è quello di passare inosservati. Non perché non si abbia la stoffa giusta, anzi, però basta davvero poco: un calcolo fatto male, un'uscita durante un periodo ultracongestionato, qualche piccola/grossa sbavatura nella programmazione (questo vale per chi legge le recensioni) et voilà, ti ritrovi abbandonato sugli scaffali del Gamestop di turno, mentre avide manine ti scostano precipitosamente alla ricerca di qualche titolo più famoso, ma non per questo necessariamnete più bello. O originale.
Che poi, diciamocelo, tutti questi tizi superpompati dagli sguardi cattivi ed il grilletto facile ci hanno un pò rotto i coglioni. Più o meno. Che tu li possa osservare di spalle o buttartici dentro poco importa. Ma servono, fanno cassa, quindi ben vengano.

E si fottano.

Però, davvero, quando l'idea è quella giusta, quando lo stile non significa come è lecito presupporre mancanza di sostanza, nascono i veri capolavori. Quelli piccoli piccoli, poco pubblicizzati o, a loro modo, eroici. Perché osano, si spingono oltre e se ne fottono se poi non vengono compresi, apprezzati, giocati. E, ahimé, acquistati.
Pochi sono i titoli  che hanno saputo davvero dirci qualcosa di nuovo o svecchiare qualche idea ormai stra abusata, soprattutto a livello di gameplay, e tra questi mi va di ricordarne tre. Partiamo dal più vecchio, quello della ragazza che corre. E quanto cazzo tira! Faith, la protagonista di Mirror's Edge.
Corri, salta, aggrappatti, cammina sui muri, e vivi tutto questo in prima persona. Le armi ci sono ma sono una specie di optional, perché in questo gioco se ti fermi anche solo un attimo per riprendere fiato sei fottuto. Originale, stilisticamente azzeccato, coinvolgente e immersivo come pochi. E dalla ragazza che corre passiamo al bambino più sfigato, pare, della galassia, ovvero il protagonista di Limbo.
Un gioco che è prima di tutto arte visiva e, subito dopo, un bel gioco da giocare, pieno di rompicapo che ti costringono a far funzionare il cervello. Il tutto immerso in un'atmosfera dark e surreale come poche. Mi ha ricrodato un pò (un bel pò) giochi tipo Another World: se sgarravi di un millimetro eri fregato ma, per Dio, roba così prima di allora non se n'era mai vista. Oggi un pò di più.
Ed eccoci infine giunti a Vanquish, titolo molto tamarro che deve ancora uscire ma che è già stato possibile provare grazie alla demo disponibile già da un pò di tempo sul Marketplace Live dell'Xbox. Questo gioco piglia l'ormai abusato sistema di copertura alla Gears of War e lo associa ad un gameplay ultraveloce e frenetico tipico dei titoli action giapponesi, con tanto di scivolate a razzo, bullet time, acrobazie impossibili, grandi rullate di pungi e... l'ho già detto? Tanta, ma proprio tanta "ignoranza". L'ambientazione fantascientifica e la trama non mi paiono quel granché, ma il combattimento contro il boss della demo mi ha galvanizzato di brutto. Spettacolare, esagerato e velocissimo. Controlli perfetti.
Sia ben chiaro: nessuno dei titoli summenzionati è o pare privo di difetti, anzi. Con Mirror's ho avuto spesso problemi di prospettiva, Limbo in certi casi diventa davvero frustrante e, a ben guardare, Vanquish potrebbe scadere nella ripetitività cronica. Ma fa lo stesso: sono questi i giochi che cerco. Sono questi i giochi che voglio.

Dimentica Reach

E così siamo arrivati alla fine. Reach cadrà, Bungie se ne andrà fuori dalle palle e questo nuovo capitolo della saga di Halo venderà, come di consueto, davvero tanto. Sicuramente troppo.
Non sono mai stato un grande fan di Master Chief e compagnia bella e dopo il secondo episodio il mio interesse per la serie è scemato. Però l'aspettativa che si era generata su questo ultimo capitolo era davvero TANTA; a detta degli stessi sviluppatori Reach non doveva essere semplciemente "un altro Halo", bensì una vera e propria ventata di novità per il marchio. E invece...
E invece l'unica vera novità è stata l'introduzione delle abilità applicate alle armature, che aggiungono certamente un tassello di tattica in più al gameplay, ma che da sole non bastano certo a farmi gridare al miracolo.
Una rifinitura della grafica era più che necessaria, quindi non stiamo li a menarcela con i soliti discorsi su quanto è vasto e fico e immersivo il mondo di Halo, anche perché, a ben guardare, cosa è cambiato rispetto agli episodi precedenti? Nulla. Più o meno sempre le solite strutture, i soliti nemici, i soliti mezzi e la solita opprimente "immobilità" dell'ambiente circostante.
Il multiplayer è ovviamente il vero fiore all'occhiello della serie (e in particolar modo di quest'ultimo capitolo) perché è ancora più bello e vario di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, però... porco diavolo, io mi aspettavo molto, ma molto di più!
Per esempio il Team Noble che ti affianca nelle missioni è paragonabile al solito manipolo di semplici soldatini dalla semplicistica intelligenza artificiale che da sempre affiancano il giocatore. Quelli, tanto per intenderci, che ti seguono, spararno mille volte e inutilmente contro i cattivi, vengono colpiti altrettante volte e non muoiono mai. Supporto tattico zero. Ed io che già mi immaginavo di poter comandare ogni singolo componente del Team Noble, ognuno col suo personale stile di combattimento!
Si, concordo col fatto che vista come saga in continuo sviluppo Halo ha il suo indubbio fascino che non può essere messo in discussione con trovate troppo azzardate. Però parliamo del succo di ogni gioco, porcozzio, ovvero (e appunto) del gameplay: secondo voi è davvero così difficile "rinvigorire" una serie di successo senza snaturarne la riconosciuta essenza? Secondo me no. Certo è sicuramente rischioso puntare verso strade nuove quando quelle vecchie sono ormai consolidate, funzionanti e amate da milioni di fan, ma uno sviluppatore con le palle secondo me non deve avere troppa paura di rischiare. Specialmente dopo dieci anni di successi ininterrotti, qualche sterzata in più a destra o a sinistra la deve dare. Anche soltanto per rispetto dei propri fan (notare che nella categoria fan non includo tutta quella gentaglia che prova un orgasmo soltanto a leggere la parola "Halo" scritta sulla custodia).
In conclusione, controller alla mano: posso avere ancora una volta paesaggi bellissimi, trama coinvolgente e stile ultracollaudato ma dopo dieci anni... beh, dai, facciamo otto. Dicevo, dopo otto anni che compro lo stesso gioco ne ho piene le palle.
Lunga vita ad Halo, quindi. Ma Reach è caduto. Come non poteva essere altrimenti.